Tim Trevan è un esperto inglese in guerra biologica ed ha svolto il ruolo di componente e portavoce della speciale commissione delle Nazioni Unite per l'Iraq (UNSCOM) nella fase in cui intense attività investigative, a partire dalla metà degli anni '90, sono state portate avanti al fine di scoprire programmi di fabbricazione e depositi di armi nucleari, chimiche e biologiche nel paese mediorientale.
L'attività della Commissione, composta principalmente da uno staff di diplomatici, esperti e anziani membri dell'ONU, ha assunto una grande rilevanza proprio per gli ostacoli posti dal regime iracheno allo svolgimento dei controlli internazionali, dopo l'operazione Desert Storm del 1991, circostanza che ha costituito una delle ragioni di più profonda tensione nel corso delle diverse crisi che, in modo più o meno acuto, hanno interessato quell'area negli anni successivi.
In effetti, come del resto emerge dalla lettura del testo, il lavoro degli ispettori era fondamentale per acquisire informazioni sui programmi di armamento del governo di Saddam, impegno non sempre surrogabile attraverso i riscontri provenienti dalle diverse fonti di intelligence. Il racconto si sviluppa sotto forma di un dettagliato rapporto, dove si analizzano non solo il lavoro sul campo degli ispettori, almeno quando ciò è stato consentito, ma anche le complesse azioni politiche e diplomatiche portate avanti per rimuovere gli ostacoli posti dal regime iracheno, nel quadro di una politica generale di deterrenza rivolta ad eventuali programmi aggressivi.
Di estremo interesse sono le parti del libro dedicate alla descrizione di come gli obiettivi dell'attività di controllo fossero identificati in relazione alla probabilità che un uso ufficiale di determinati laboratori o produzioni in realtà nascondesse un'utilizzazione clandestina per scopi militari. Si è detto poco sopra che l'azione della Commissione non poteva essere surrogabile dalle fonti di intelligence. Tali fonti, tuttavia, hanno costituito il corollario di informazioni e di riscontri, provenienti anche dalle sofisticate tecnologie di controllo satellitare orientate sull'Iraq, di cui la Commissione si è avvalsa per orientare la propria ricerca. Nelle pagine in cui quest'attività viene descritta, meglio emerge l'atteggiamento iracheno di totale non collaborazione e ostruzionismo, cui prima si faceva cenno, che diffusi sforzi della diplomazia hanno tentato di attenuare o rimuovere anche per evitare il rischio della riproposizione di un aperto conflitto armato.
In effetti, la questione posta all'Iraq è apparsa fin dall'inizio sensibile e delicata. Essa non trovava fondamento esclusivamente negli esiti della Guerra del Golfo, bensì nella diffusa consapevolezza che lo stesso Saddam non aveva esitato ad usare in precedenza contro l'Iran o contro lo stesso popolo curdo tale tipologia di armi.
L'Autore ha corredato il testo di puntuali riferimenti storici, nonché di brevi interviste e testimonianze dei diretti partecipanti ai lavori.
Sulla base dell'esperienza condotta in prima persona nella difficile realtà irachena, l'Autore esprime la sua personale convinzione che occorrerà del tempo per valutare appieno se sia stato raggiunto l'obiettivo di eliminare o ridurre la capacità di produzione di tali armi, ormai bandite da numerose convenzioni internazionali. Del resto, il difficile processo di pace internazionale in quell'area è stato solamente avviato e i rischi di una sua compromissione sono direttamente proporzionali alla reale volontà e capacità delle parti di consolidare un terreno comune di incontro.
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